INTERVISTE
"Il Festival è un ponte tra
Italia e America Latina"
Rodrigo Diaz
direttore del Festival del Cinema LatinoAmericano di Trieste
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Rodrigo Diaz, cileno, 53 anni, è il
direttore del Festival del Cinema Latino Americano di Trieste sin dalla prima edizione.
- Diciotto anni di un Festival iniziato con poche risorse economiche e capace di
raggiungere il prestigio internazionale. Come sono cambiate le cose in questi diciotto
anni?
"Continuiamo a vivere nell'incertezza! il problema non è tanto la
disponibilità economica, quanto culturale: bisogna capire l'importanza che ha il Festival
di Trieste nel mondo latinoamericano. Tutti i media dell'America Latina parlano di questo
Festival, ci sono articoli nei principali periodici dei vari Paesi, Trieste, grazie al
Festival, ha ottenuto una visibilità che prima non aveva. Bisognerebbe avere coscienza di
questo e avere dei programmi che permettano di stabilire relazioni con la cultura
dell'America Latina, con i latinoamericani di origine italiana"
- Che tipo di immagine dell'America Latina e dei suoi cineasti si vuole dare attraverso il
Festival?
"Nessuna immagine precostituita. Noi vorremmo che il Festival fosse uno
strumento per stabilire un ponte tra Italia e America Latina, non solo nel campo
culturale, ma anche in altri aspetti multimediali. L'Italia potrebbe esercitare un ruolo
di forte stimolo per la produzione latinoamericana, anche forte dei suoi legami con buona
parte dei popoli latini, istituendo programmi di cooperazione che aiutino le
cinematografie locali; ad esempio potrebbe istituire un premio per le pellicole che
parlano dell'immigrazione italiana in America Latina, potrebbe collaborare perché le
pellicole digitali si possano ampliare in campo cinematografico. Il problema è vedere se
all'Italia interessa quest'altra Italia"
- In base all'esperienza di direttore, interessa quest'altra Italia?
"Difficile da dire. Bisogna fare il possibile perché il Paese superi questa
lacuna che ha verso l'America Latina. I Paesi latini non hanno delegato nessuno perché li
rappresenti a Bruxelles, fino a quando ci saranno frontiere interne nell'UE, ogni Paese
risponde a se stesso per le leggi di bilancio e per i suoi mercati. Se il cinema è un
mercato allora la presenza italiana in America Latina è da stimolare, perché è un
mercato grande e inoltre la Spagna ha dimostrato che è possibile realizzare una politica
di cooperazione in ambito cinematografico con i Paesi latini. Se la Spagna ha dimostrato
che è possibile, perché un giovane cineasta latino di origine italiana deve passare per
Madrid e non può passare attraverso Roma?"
- Anche quest'anno Trieste presenta la produzione più recente dell'America Latina. Quali
sono i criteri con cui vengono selezionate le opere?
"Bisogna fare una premessa. Questo Festival, come abbiamo detto, non ha
grandi risorse economiche: non premiamo, ad esempio, con denaro, ai vincitori diamo
semplicemente un'opera artistica realizzata dallo scultore Alfredo Pechile. E' chiaro che
contro Festival che offrono premi di 20-40.000 dollari non possiamo lottare: esiste una
discriminante economica che crea ovviamente una selezione artistica. Contro quel tipo di
Festival noi non possiamo che opporre il nostro prstigio, il fatto che a Trieste si
possono incontrare numerose personalità, non ci sono mai opere che non siano di valore:
offrendo questo tipo di garanzie, per un regista è titolo di prestigio passare per
Trieste. Premesso questo direi che i criteri sono quelli di sempre: la qualità artistica
per il nostro Festival è fondamentale. Tengo apreccisare che non abbiamo alcun
pregiudizio e selezioniamo tutti i generi, commedie, drammi, hriller, abiamo presentato
anche un horror, per dimostrare che il cinema latinoamericano produce di tutto. Alcune
opere le presentiamo nella sezione Informativa, proprio per far vedere cosa succede, cosa
viene prodotto. Ma non proponiamo cose frivole, inutili".
- Un Festival che ha poche risorse economiche come si organizza, che tipo di lavoro c'è
durante l'anno?
"Non avendo la possibilità di contare su un equipe, abbiamo rapporti molto
stretti con le realtà locali, che ci segnalano e ci suggeriscono le produzioni,
frequentiamo alcuni dei principali Festival latinoamericani, L'Avana, Buenos Aires,
Guadalajara per vedere i film, sapere cos succede, quali sono le tendenze..."
- E frequentando questi Festival, vedendo le ultime produzioni, come è cambiato il cinema
latinoamericano in questi anni? è in grado di competere sul mercato internazionale?
"Il problema del cinema latinoamericano, come per tutte le cinematografie sono gli
USA: c'è una sorta di dittatura del grande schermo ed è difficile entrare nel mercato.
Però questo non è tanto un problema degli USA quanto di chi non ha un progetto per farsi
conoscere. Posso capire i Paesi più piccoli, ma non Messico, Argentina o Brasile, che
hanno un mercato interno grazie al quale possono finanziarsi. Prendiamo come esempio il
film cileno Chacotero sentimental, che grazie al mercato interno ha guadagnato 4 volte i
costi di produzione ed è stato visto da un milione di cileni"
- Quest'anno per la prima volta, in occasione del trentennale del suo assassinio, c'è un
premio dedicato al Presidente del Cile Salvador Allende. Come è nata la idea di questo
premio?
"E' un'idea nata alle autorità cilene, che ci hanno proposto un premio alla memoria
del presidente. Perché? per ricordare la coerenza, il peso morale ed etico di questo uomo
politico, da questo punto di vista la figura più grande che abbia avuto l'America Latina
nel Novecento. Il fatto che il presidente del Bolivia scappi a Miami dimostra la classe
dei leader latini: non c'è Paese che non abbia avuto un suo leader in fuga. E questo
testimonia la diversità e la grandezza di Allende, che sosteneva che non l'avrebbero mai
portato via in esilio in un altro Paese perché non avrebbe mai accettato di vivere
tranquillo mentre il suo Paese conosceva la repressione. Solo il voto avrebbe potuto
cacciarlo, altrimenti avrebbero dovuto ammazzarlo. E così è stato."
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