INTERVISTE
"Il cinema può aiutare i
messicani a capirsi meglio"
Fernando Cámara Sánchez
produttore di El misterio del Trinidad
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Il Messico è stato presente alla XVIII
edizione del Festival del Cinema Latino Americano di Trieste con il film El Misterio de
la Trinidad, la storia di un giovane che decide di proseguire il lavoro del
padre e si dedica alla ricerca del galeone spagnolo Santísima Trinidad, naufragato nel
Golfo del Messico nel XVII secolo. Il film, presentato in Concorso e accompagnato dal
produttore Fernando Cámara Sánchez, uscirà nelle prossime settimane nelle sale
messicane e latinoamericane e rappresenterà il Messico all'edizione 2004 dei Premi Goya
(gli Oscar spagnoli).
- Lei ha detto che questo film è molto importante per il cinema d'autore
messicano
"Questo film è una luce di speranza per il cinema d'autore e per il cinema di
qualità del mio Paese. In Messico quasi non c'è produzione cinematografica a causa della
mancanza di fondi da parte dello Stato. Forse questo film è, come accade con i morti, il
nostro ultimo respiro, o magari è il primo segno di rinascita del nostro cinema".
- E' un film che è stato realizzato in due anni
"L'abbiamo fatto con l'aiuto della Spagna, coproduttori di Porto Rico, anticipazioni
della casa distributrice, vari fondi pubblici e il sacrificio delle persone che hanno
lavorato al film che nei due anni di lavoro non hanno potuto essere pagate".
- Cosa significa la presenza di questo film in questo Festival per il Messico?
"La nostra presenza serve a reclamare la nostra nazionalità latinoamericana perché
qui non contano i concetti geografici: alla fine siamo tutti latino americani."
- Si può associare la crisi del cinema messicano all'influenza sempre maggiore
che ha Hollywood in Messico?
"La concorrenza di Hollywood è sleale per il modo in cui si distribuiscono i
profitti in Messico: il 60% è per le sale, che non rischiano niente, il 25% per il
distirbutore e il 15% per il produttore, che è chi paga la pubblicità e le copie. E se
il film non ha successo non recupera l'investimento. Il Messico è un Paese pericoloso per
i produttori. Ed è per questo che El Misterio de la Trinidad è una luce
alternativa perché il cinema messicano torni a produrre. Ma abbiamo bisogno dell'aiuto
dello Stato, che deve anche riconoscere il cinema come parte fondamentale delle attività
culturali del Paese".
- Si stava meglio con i governi del PRI?
"Almeno sapevano governare. Il nuovo governo non sa amministrare, neppure sanno far
pagare le tasse. Il governo di Fox va male: in Messico non c'è lavoro e la maggior parte
dei cittaidni vive male.
- E' un simpatizzante del PRI?
"Per niente, io ho votato il presidente Fox"
- Date le condizioni economiche e sociali del suo Paese, come si vive l'avventura
di fare del cinema?
"Produrre film è un atto di disperazione, ma bisogna farlo"
- Ha mai pensato di lasciare il cinema e dedicarsi ad altre cose?
"No. Credo nel cinema e se noi messicani riusciamo a capirci possiamo essere un Paese
migliore. Se mi diverto o soffro, se ho gli stessi sogni degli altri messicani, ci
possiamo capire meglio"
- Quanti film produce il Messico ogni anno?
"Fino al 1992 si producevano 100 film all'anno, però nello stesso periodo sono state
privatizzate 3000 sale cinematografiche. Come conseguenza, il cinema messicano ha perso
spazio e le sue produzioni si sono ridotte sensibilmente; nel 1998 se ne sono prodotti 3 e
adesso non si girano più di 10 film all'anno. Il Messico ha 100 milioni di abitanti e 93
milioni non possono permettersi i 4 dollari del biglietto o non hanno sale vicino casa. Il
cinema allora si orienta verso quegli 8 milioni di persone della classe alta che adorano
le commedie insulse di Hollywood e cerca di copiarle. Ma si tratta di un cinema che non è
messicano e non ha niente a che vedere con il cinema d'autore. Davanti a una simile
situazione l'Associazione Messicana dei Produttori indipendenti del Cinema ha proposto al
governo vari meccanismi per incentivare la produzione, ma non c'è l'appoggio delle case
distributrici".
- 20 anni fa i registi più noti rimanevano in Messico, perché la nuova
generazione sceglie gli Stati Uniti?
"Alejandro González I. (Amores Perros) era gà pronto per andarsene quando
gli è arrivata l'opportunità, Alfonso Cuarrón (Y tu mamá también) ha voluto
andarsene, Ripstein, invece, ha decciso di rimanere in Messico. 20 anni fa i giovani
cineasti pensavano che dovevano rimanere in Messico per sviluppare l'industria
cinematografica messicana. Adesso preferiscono andarsene negli USA per avere condizioni di
produzione più stabili: in Messico c'è sempre il rischio che il film rimanga a metà per
mancanza di fondi"
- Qual è allora il cammino da seguire?
"E' importante che facciano buoni film, soprattutto quelli che decidono di rimanere
in Messico"
- In che modo il trattato di libero commercio tra Messico e Stati Uniti ha
danneggiato il cinema messicano?
"Il Trattato di libero commercio tra gli Stati (1993) ha pregiudicato il cinema e la
cultura. Prima della firma dell'accordo i produttori e altri rappresentanti dell'industria
del libro abbiamo supplicato il governo affinché escludesse i nostri settori dagli
accordi perché saremmo stati invasi dalla cultura USA in Messico. Il Trattato è stato un
disastro per la cultura messicana. Ma d'altra parte con gli attentati dell'11 settembre
gli USA sono diventati paranoici con gli stranieri: lungo i 3200 km di confine c'era una
richezza commerciale e culturale che è stata spezzata".
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