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INTERVISTE

"La gente incomincia a stancarsi delle solite storie di Hollywood"

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Rafael Mercedes
produttore esecutivo di Pasaporte rojo
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Rafael Mercedes è il produttore esecutivo di Pasaporte rojo, in concorso al XVIII Festival Internazionale del Cinema Latino Americano di Trieste. Nato nella Repubblica Dominicana, Mercedes si è trasferito a 9 anni negli Stati Uniti, dove è cresciuto, ha studiato ed è vissuto fino a quando ha deciso di realizzare il sogno di ogni latino degli USA: tornare nella propria terra di origine. Pasaporte rojo è il suo primo film come produttore esecutivo.

- Di cosa parla Pasaporte rojo?
"E' un film sulla mafia dominicana e italiana, che analizza una famiglia che va a pezzi per il desiderio di guadagnare denaro facilmente. Parla quindi anche della corruzione morale che distrugge i legami familiari. Ma è anche un film che dà una speranza: non ti deve essere negata la possibilità di redenzione, di rifarti una vita a causa di un errore commesso. Direi che è un film con molta tristezza, molta malinconia, ma anche molta allegria. Sulla trama non voglio aggiungere di più: voglio che vediate il film!"

- E' un film sui dominicani negli Stati Uniti. Anche lei è un dominicano cresciuto negli USA: è difficile essere latinos, crescere in una cultura estranea senza perdere la propria identità e mantenendo questi legami così forti che tutti i latino americani continuano a tenere con il proprio Paese?
"Assolutamente no! io sono dominicano in casa mia, parlo spagnolo in famiglia, con molti amici, e allo stesso tempo ho studiato in inglese in scuole americane. Mi sento profondamente dominicano, anche se sono cresciuto negli USA. I legami con la propria terra non si spezzano mai: mia madre vive negli USA da 35 anni e quasi non parla inglese, la sua cultura è rimasta profondamente dominicana"

- E' difficile realizzare un film che parli di latinos negli USA? ci sono pregiudizi verso il vostro cinema tra gli statunitensi di lingua inglese?
"Pregiudizi no. E' vero che al cinema hanno successo soprattutto storie di bianchi, ma è anche vero che si sente che la gente inizia a stancarsi delle solite storie di Hollywood, che ha voglia di qualcosa di nuovo, di diverso. Io credo che il cinema latino possa inserirsi in questo spazio e offrire quel qualcosa di nuovo."

- Questo è il suo primo film come produttore esecutivo. Come è stato coinvolto in questo progetto?
"Sono stato coinvolto da due amici, che mi hanno presentato il progetto. Mi è piaciuta molto l'idea del film, di raccontare una storia di dominicani, una storia che non avesse legami con storie realmente accadute. Ho deciso di farmi coinvolgere un giorno, quando mi sono svegliato e improvvisamente ho pensato che volevo fare qualcosa di diverso, lavorare in qualcosa di nuovo, cambiare vita, insomma. In questo progetto abbiamo investito tutto quello che avevamo perché io quando mi faccio coinvolgere in qualcosa voglio che funzioni tutto perfettamente. Volevo che questo film avesse un'ottima produzione, potesse utilizzare le migliori tecnologie e dimostrare che anche noi dominicani possiamo realizzare buoni film, in grado di competere con quelli di Hollywood per professionalità e tecnologie"

- E il risultato la soddisfa?
"Sì, credo molto in questo film. Non solo per la storia che racconta, ma anche per le tecnologie utilizzate e per la produzione"

- Pasaporte rojo è stato già presentato in vari Festival negli Stati Uniti, in America Latina, in Polonia. Che accoglienza ha ricevuto?
"Molto buona, sono molto soddisfatto. Al CinemaFe di New York, dove è stato presentato in anteprima mondiale, ha otenuto critiche molto buone e il premio del pubblico. Variety gli ha dedicato un articolo e ha parlato positivamente della produzione. Dopo le proiezioni a San Francisco abbiamo ricevuto e-mails del pubblico che chiedevano quando il film uscirà nelle sale"

- E nella Repubblica Dominicana?
"Nella Repubblica Dominicana le critiche sono state molto positive e c'è stato molto orgoglio perché abbiamo dimostrato che anche noi possiamo fare film belli, con tecnologie avanzate e ci sono state richieste per la distribuzione"

- La distribuzione è il problema di ogni nuovo film che non sia delle majors. Come pensato di affrontarlo?
"Ovviamente voglio che il film esca nelle sale, ma voglio che le case di distribuzione me lo comprino. Non voglio essere di quei produttori che chiedono il favore di farlo uscire alle case distributrici. Credo nel mio prodotto e cerco una buona occasione perché il pubblico possa vederlo"

- Nel frattempo lo state presentando in molti Festival: dopo Trieste siete impegnati fino a dicembre...
"Sì, dopo Trieste saremo in concorso anche a Bruxelles, L'Avana e Panama. Sono occasioni importanti perché il pubblico possa vedere il film"

- E lei sta già lavorando a un nuovo progetto.
"Sì, stiamo preparando un nuovo film, attualmente stiamo lavorando alla sceneggiatura. E' una storia fantastica: narra di un bambino che ha le ali, sua mamma riesce a nascondergliele e la gente pensa che sia gobbo; ovviamente non racconto il resto. Sarà un film girato completamente nella Repubblica Dominicana e sono molto orgoglioso e molto emozionato per questo".

- La Repubblica Dominicana, come la maggior parte dei Paesi piccoli dell'America Latina, non riesce a produrre molti film: mancanza di risorse economiche o di progetti culturali?
"Io direi tutti e due, ma non metterei in secondo piano, rispetto alle difficoltà economiche, la mancanza di una progettualità politica riguardo al cinema".

- Lei è uno dei latino americani che sono riusciti a realizzare il loro sogno americano, che è tornare a casa. Come è stato l'impatto con la Repubblica Dominicana? ha trovato quello che si aspettava? e come viene accolto un dominicano che torna a casa da quelli che non sono mai partiti?
"L'impatto è stato migliore di quanto mi aspettassi: ho trovato una terra bellissima, che ha scenari naturali di grande bellezza e che aspettano solo di essere filmati. E anche la gente è molto accogliente: sono ovviamente curiosi, vogliono sapere. Mia nonna mi dice sempre che non c'è figlio che non torni a casa. E' un po' la mia storia".

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