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Editoriale per la XX Edizione
il direttore, Rodrigo Diaz

Quando abbiamo cominciato questo viaggio per la promozione del cinema latinoamericano in Italia, mai ci saremmo immaginati di arrivare alla ventesima edizione.

E' vero, lungo il percorso abbiamo incontrato difficoltà, sfide e l'assenza di consapevolezza da parte delle istituzioni nazionali rispetto a cosa rappresenta l'evento triestino in America Latina;

ma è stata anche un'esperienza straordinaria su cui questo anniversario ci permette di riflettere con serenità.

Da una parte abbiamo potuto materializzare un progetto, che essendo soprattutto cinematografico è anche una chiara scelta culturale e politica, un ponte importante creato tra due mondi inevitabilmente legati dalla storia. E' anche giusto riconoscere che abbiamo potuto contare con una indipendenza che nel resto d'Europa il centralismo non rende facile: le esperienze fuori da questo Paese lo dimostrano senza necessità di fare esempi e chi conosce il mondo dei Festival lo sa perfettamente.

Abbiamo potuto realizzare ogni anno un programma che anche con i limiti delle ristrettezze economiche - certamente non secondarie - è stato sempre rispettato e valorizzato da coloro che governano le istituzioni di Trieste e della Regione Friuli-Venezia Giulia. In questo senso abbiamo sempre posto il principio che la nostra sfida è "raccontare" l'America Latina attraverso le immagini, siano le immagini o no condivise da chi concorre al finanziamento della manifestazione. Libertà che, credo, abbiamo usato nella maniera più responsabile possibile, dato che oggi possiamo dire con legittimo orgoglio che da Trieste è passato il meglio del cinema latinoamericano degli ultimi 20 anni come anche i suoi più talentuosi creatori.

Nel corso di questi anni abbiamo maturato la convinzione che sia necessario prestare attenzione a tutte le espressioni dell'immagine, a tutti i formati ed innovazioni, a tutti i generi cinematografici, e facilitare la partecipazione di opere che permettano di conoscere la prospettiva latinoamericana di fatti, tragedie, eventi che hanno segnato il divenire quotidiano dell'uomo in America Latina.

Un'occasione che possa rappresentare una finestra ampia, il più oggettiva possibile, senza nessuna pretesa di vendere verità, in modo da facilitare la comprensione e la conoscenza della realtà del subcontinente.

Un Festival perciò anomalo, che va al di là dell'evento puramente cinematografico, dell'estetica, della tendenza a favorire, del gusto del Direttore o del gruppo di lavoro.

Un Festival che pretende essere una occasione che aiuti a trovare nuovi vincoli, terreni, aree in cui l'Italia si possa incontrare con l'America Latina.

Questa nuova edizione con la sua carica di significato, ci ha stimolati a proporre un programma senza dubbio il più ambizioso che potessimo concepire.

Dalla retrospettiva a Felipe Cazals, uno dei cineasti più rappresentativi e prestigiosi del Messico, a Juan Bautista Stagnaro, cineasta, grande sceneggiatore attraverso cui rendiamo omaggio alla cultura italiana in America Latina, a Silvio Tendler, storico documentarista "carioca", che presentando le sue opere ci permette di raccontare una parte importante della storia recente del Brasile.

Come di consueto, le sezioni Concorso e Informativa che rappresentano sempre un tentativo di riflettere la produzione cinematografica della maggior parte dei paesi latinoamericani, cercando di conciliare il valore dell'opera con la sua rappresentatività, che poi ci permetta di dire che promuoviamo il cinema del subcontinente americano.

Altra sezione senza dubbio importante è quella che nuovamente dedichiamo al Poeta Pablo Neruda. Questa volta presentiamo l'opera omnia di Manuel Basalto, cineasta della famiglia del Nobel cileno, che ci offre anche una preziosa presentazione del maggiore biografo di Neruda, Volodia Teitelboim.

Ma forse la sezione che ci ha procurato maggiori mal di testa è quella che a partire da quest'anno desideriamo ci accompagni nel futuro: l'abbiamo intitolata Todavía Cantamos, Noi Cantiamo Ancora, parafrasando un brano di Victor Heredia. Si tratta di dare il giusto valore ad artisti, cantautori e formazioni musicali che hanno messo la loro arte al servizio della promozione della condizione umana in America Latina, alle battaglie, sogni, speranze e utopie di milioni di persone, e che spesso sono state ridotte a canzoni di protesta, a ristrette letture politiche, tralasciando o ignorando il valore artistico delle loro opere.

Non possiamo tralasciare di sottolineare la sezione etnografica, parte importante di un continente meticcio per eccellenza, così come non tralasciamo la presenza ebrea, in un'altra sezione che ci accompagna da anni: Shalom, sentieri ebrei in America Latina.

Fin dall'inizio, oltretutto, il Festival ha prestato attenzione particolare ai nuovi linguaggi e alle novità che ci offre l'evoluzione della tecnologia proponendo una sezione che abbiamo chiamato Videoamerica, sezione competitiva in cui si trovano tematiche, generi e linguaggi diversi e che in un ampio spettro ci aggiornano sulle novità che motivano cineasti e videoasti.

Qust'anno l'ampio programma del Festival dedica anche un omaggio alla casa di produzione Cine-Ojo, sempre attenta agli andirivieni della realtà sociale argentina, e una finestra sulla produzione spagnola paese al quale il continente americano è inevitabilmente vincolato.

E forse il modo migliore di concludere questa presentazione sono le parole che il maestro Fernando Birri, Presidente del Festival, ha voluto dedicare a questa Ventesima edizione:

"Recita il testo di un tango molto popolare in Argentina "che vent'anni son niente". Per questa nuova edizione del Festival del Cinema Latino Americano di Trieste canticchiamo la stessa melodia ma cambiamo il verso: venti anni per noi sono tanti, più che misurati in giorni, misurati in sogni, problemi, resistenza, conquiste, fedeltà ad un'idea, presenza condivisa con un pubblico italo-latinoamericano fraterno.

E per chi ne voglia saperne di più lo chieda pure a quello stesso pubblico, protagonista e vincitore della scommessa insieme al direttore del Festival, Rodrigo Diaz."